Buona la prima!

Il carico di aspettative e la varietà di emozioni che la prima notturna dell’anno riesce a trasmettere al pescatore è impareggiabile. Questa racchiude tutto: la voglia di ritornare sul fiume dopo mesi di assenza (per lo meno di notte), la spasmodica ansia dell’attesa, quella che nonostante tu provi a camuffare con chiacchiere o con il sonno, ti tiene un occhio fisso sulle punte delle canne ed un orecchio teso in cerca del bip dell’avvisatore. Vogliamo parlare dell’adrenalina che scorre nelle nostre vene quando sbrekka una canna e corriamo a ferrare? Della serie “Bolt levati che non sei nessuno”. Di quella sensazione di appagamento e beatitudine trasmessa dal combattimento che cozza un po’ con i timori e le difficoltà che lo stesso crea. Le pacche sulle spalle, le nocche graffiate, l’acqua fredda durante la foto..

E’ sabato mattina ed io e Gabriele ancora non sappiamo dove andare a pescare. La trasferta con l’AS Brekema per problemi logistici è saltata, ci si potrebbe unire a Stefano ed Alessandro per una brekkata , ma significherebbe stravolgere i loro piani.. quindi la scelta obbligata è tentare sul Grande Fiume sperando di trovare uno spot libero.. perché in genere, nel tratto che frequentiamo noi, a marzo si assiste alla lottizzazione e alla colonizzazione di ogni cm di sabbia da parte di pescaturisti stranieri. Tra l’altro ho le idee chiare su dove posizionarci con le attuali condizioni del fiume.. uno spot che da due anni mi ronza in testa.

Le ore passate da piccolo a giocare a Tetris sul Game Boy si rivelano preziose per caricare ordinatamente prima l’auto e poi la barca con tutta l’attrezzatura necessaria.. quasi un trasloco. Sono quei momenti in cui due domande te le poni e pensi a quanto sia bello pescare a verticale dalla barca, in cui serve solo canna, mulinello e una manciata di esche e montature. Anche questo aspetto tuttavia fa parte del gioco, dell’epicità di una pescata sul Grande Fiume in notturna.

Una pescata tuttavia non può definirsi avvincente senza avere problemi. Noi li abbiamo subito: il motore elettrico non è più stagno come dovrebbe e smette di funzionare. Poteva essere utile ma per fortuna non è fondamentale. Il livello del fiume è parecchio basso e a fatica riusciamo ad allontanarci dal pontile. Carichi come siamo, se dovesse calare ancora, rientrare ed attraccare potrebbe essere un problema.

Iniziamo a percorrere il fiume verso lo spot che avevo in mente e siamo rimaniamo piacevolmente colpiti dal fatto che tranne uno spot occupato dall’italianissimo Team Catzini e una barca “estera” ancorata, non vi è traccia di altri pescatori. Breve sosta per rifornimento pietre ed ecco lo spot in cui tanto ho sognato di pescare: libero! Esso si presenta come un lungo isolotto di sabbia che taglia verso in obliquo verso il centro del fiume. Una qualche decina di metri a valle, grazie al livello basso, si nota perfettamente l’increspatura dell’acqua che indica la presenza di un gradino che si estende in obliquo più o meno dalla stessa linea del nostro spot fino alla riva sinistra. Quella decina di metri che ci separano dall’inizio del gradino, tutto il canalone alla sinistra dell’isolotto e tutta la riva destra dello stesso è acqua bassa, ma dal gradino in poi sprofonda abbastanza velocemente fino a 4-5m. Perfetto. Peccato solo che nei miei sogni allo spot arrivavo facilmente con la barca.. qui arriviamo a 10m dalla riva e siamo piantati sulla sabbia. Stivali manco a parlarne, i waders li abbiamo lasciati per la cabala in auto e quindi non ci rimane che arrotolare i pantaloni ed entrare nella fresca acqua (13°C) del Po per raggiungere la riva ed eseguire il trasbordo. Il primo impatto è agghiacciante nel vero e proprio termine della parola.. poi diciamo che ci si abitua, forse perché si perde via via la sensibilità.

Sbarco

Le avversità non finiscono qui. Sono le 16.00 passate e dobbiamo ancora fare il vivo.. cosa non da non sottovalutare in quanto in caso di esito negativo, la serata si conclude con una grigliata sul fiume e ritorno a casa. Cominciamo così a pescare a feeder, cercando di raggiungere il canale del fiume con la profondità. Fortunatamente riusciamo a capitalizzare il tempo rimasto e in nassa finiscono sei breme che danno anche un piccolo margine di re-innesco in caso di catture. Nell’attesa prepariamo le canne da siluro.

Terminali da pietra

 

La montatura che utilizzo prevede una boetta Extreme Waller appositamente modificata in modo da risultare intercambiabile. Si può così  passare velocemente dalla montatura da breakline a pietra e viceversa semplicemente togliendo la boetta e senza rifare tutto

La luce comincia a calare, dobbiamo velocemente piazzare le esche. Ormai non facciamo più caso ad entrare ed uscire dall’acqua scalzi. Passo a Gabriele il terminale della prima canna. Questa proviamo a brekkarla sottosponda, ad una pianta all’inizio del gradino, dove il fondale raggiunge i 2 metri. Sarebbe perfetto.. se non fosse che il filo termina dieci metri dall’obiettivo ed io mi ritrovo in acqua fino alle ginocchia con le braccia ed il corpo distese in avanti. Gabriele riesce a risalire strisciando sulla sabbia (ovvero sopra al gradino), raggiunge un’altra pianta sotto alla quale c’è profondità e posiziona l’esca lì. Il siluro dovrebbe strisciare in acqua veramente bassa per arrivare a quella buca.. però visto il limite del filo, la scelta è obbligata.

Filo? poco!

Per velocizzare i tempi, i posizionamenti a pietra delle successive canne li abbiamo eseguiti dalla barca in due. Prendevo la canna con già brekkata la pietra, salivo in barca, la spingevo fino alla profondità utile per accendere il motore, innescavo, ci portavamo lungo lo scalino , posizionavo l’innesco e tornavamo a riva, scendevo solo in acqua per piazzare la canna sul picchetto, prendevo l’altra e si ricominciava da capo. Tra l’altro, nonostante gli inneschi fossero posizionati proprio frontalmente alle canne, per arrivare al fondale buono era necessario andare a centro fiume per poi rientrare, evitando le decine di metri di secca che avevamo proprio davanti.. fortunatamente avevamo abbastanza lenza madre.

L’apprendistato con i ragazzi dell’As Brekema sulla pesca a pietra inizia a dare i suoi frutti, e siamo soddisfatti del piazzamento.

Gabriele ha poi l’intuizione. Ha con sé una Rhino Big Fish 1,80m e decide di piazzare pure quella a pietra. Stessa procedura, posizioniamo l’esca e a 15 metri dalla riva la treccia nel mulinello è terminata. Torna indietro e recupera, risali un po’ il fiume, riposiziona e torna indietro. Corto anche a questo giro. Un mulinello taglia 6000 in effetti non contiene tanta treccia. Posizionando tuttavia la barca di traverso sulla sabbia ed ancorandola, riusciamo ad utilizzare un portacanna della barca per mettere la canna in pesca. Una abboccata su questa canna significherebbe fare un nuovo record di corsa sulla sabbia, salto in lungo nella barca, ferrata al volo e tirare come se non ci fosse un domani, visto che ci sono tre giri di treccia nel mulinello e l’esca è piazzata all’inizio del gradino a centro fiume, affianco al correntone.

Bene, ora possiamo accendere un fuoco per tentare di riprendere la sensibilità dei piedi e poi fare la classica grigliata. A rendere complicato il tutto ci pensa il vento ovviamente, assente fino a quel momento. Gabriele dall’alto della sua esperienza riesce ad attivare il focolare e riprendiamo la sensibilità dei piedi.. quando la mia centralina inizia a suonare. Scatto sulla sabbia fredda e ferro deciso la mia Ethnic Breakline Cat. Inizia il combattimento, sento le testate quindi il pesce non è un gigante. Sento tuttavia che dopo tot metri recuperati parte, recupero gli stessi metri e riparte. Penso: lo scalino. Evidentemente arriva allo scalino poi ritorna verso valle. Per ovviare o esco in barca e vado sul pesce (ma la stiamo usando come “picchetto”) o entro in acqua io. Risposta scontata.. entro in acqua e percorro nel buio una decina di metri verso il pesce fino ad avere la giusta leva per fargli scavalcare il gradino. Ci riesco a lo recupero a fatica fino a me (in poca acqua si appoggiava sulla sabbia letteralmente quasi a strisciare). Siluro di taglia media inviperito, con una bella pancia e denti affilati. Felicità alle stelle per avere scappottato alla prima uscita, in Po, nello spot che ho sempre sognato, a pietra e dopo non pochi ostacoli!

Decidiamo per il momento di non riposizionare l’esca.. vuoi perché la barca è sempre “impegnata”, vuoi per non disturbare l’eventuale attività, vuoi perché il rischio di creare grovigli era alto (dovendo effettuare quella manovra verso centro fiume e ritorno a sinistra), vuoi perché volevamo asciugarci e mangiare.

Dopo esserci riusciti ad asciugare e aver riempito la pancia con l’ottima grigliata preparata da Gabriele, ci posizioniamo nei rispettivi lettini ed assaporiamo la prima dormita dell’anno sotto le stelle, senza rumori, senza tv, senza vicini rompiscatole.

Attesa notturna

Senza rumori ma anche senza attività dei siluri a dire il vero.. ci risvegliamo alle sette senza aver sentito un bip, immersi in una lieve foschia.

Mattinata umida

Memore delle parole di Luca (“adesso a pietra si prendono anche con la luce”) dico a Gabriele di aspettare a recuperare gli inneschi. Mentre riordiniamo il campo sentiamo un avvisatore in lontananza. Non è l’unica mia rimasta in pesca perché avrebbe suonato la centralina.. ma nessuna delle canne di Gabriele sulla riva sta sussultando.

Canne in pesca

Guardiamo verso la barca e vediamo la Rhino piegarsi ripetutamente! Corro velocemente, salto in lungo in barca e ferrata al volo.. è allamato, forzo per recuperare metri di filo (ricordo che c’erano giusto tre giri in bobina) e non farlo andare nel correntone, poi passo la canna a Gabriele, che termina il combattimento. Siluro poco più piccolo del precedente, ma considerato la situazione d’insieme è una cattura epica! Tanto di cappello a Gabriele per aver osato!
Ne approfittiamo per fotografarli assieme e rilasciarli.

Gabriele

Mirko

Ora sì che recuperiamo le canne rimaste in pesca, ricarichiamo la barca rigorosamente di nuovo con i piedi in acqua e andiamo a festeggiare la buona riuscita della pescata in bar con una corroborante colazione!

Ma che ne sanno delle emozioni che la pesca riesce a trasmettere.. Buona la prima!

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