Non sempre va come si crede..

Giovedì prima di Pasqua: alle 17.00 riesco ad ottenere in extremis il venerdì libero dal lavoro. Bramavo fortemente da parecchi giorni il desiderio di assicurarmelo, e nella mia testa sapevo perfettamente come lo avrei usato. Il tempo di uscire da lavoro e mi ritrovo in garage a preparare tutto il necessario per una pescata di due giorni. L’idea è quella di pescare in deriva, cercare uno spot in cui fare vivo e passare la notte in pesca a sasso o break, e riprendere la pesca in deriva dal sabato mattina.. tutto rigorosamente da solo. Una bella sfida, specialmente se fatta nel Grande Fiume.

Una buona colazione al bar è l’ideale per iniziare l’avventura.. un po’ meno il “buona pesca” auguratomi dall’ignaro gommista al termine del controllo della pressione degli pneumatici di auto e carrello. Il viaggio in autostrada scorre placido nonostante l’indelebile e asfissiante ricordo della disavventura che mi capitò due anni orsono, quando si ruppe il mozzo della ruota del carrello lungo il tragitto. Prendere l’uscita autostradale e raggiungere l’agognato fiume toglie sempre un grosso peso dallo stomaco.

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Durante l’operazione di alaggio incontro Yuri e Daniele di ritorno da una notturna e Paolo in procinto anch’esso di uscire a pesca. Ci perdiamo in chiacchiere per un’ora buona. E’ sempre così.. non si vede l’ora di uscire a pesca, ma a delle chiacchiere con buoni amici non si riesce a rinunciare mai ed il tempo vola.

La libertà di guidare una barca sul Grande Fiume è impagabile. Sprigiona benessere, voglia di urlare. Io però ho una tabella di marcia da seguire e non posso perdere ulteriore tempo. Il livello è più alto di un metro rispetto alla normale soglia. Questo implica parecchi spot sott’acqua in ottica notturna e derive veloci in merito alla pesca da natante. Non benissimo, ma bisogna cercare di adattarsi, quindi approfitto della pesca a verticale per individuare la profondità alla quale stazionano i siluri, e capire quindi come muovermi nelle successive derive e quale spot scegliere per la notturna. Li individuo tra i 3,6m e i 4,2m. Purtroppo però noto anche la presenza massiccia di una specie al siluro assai gradita: i cefali. La loro presenza mi rattrista un po’ in quanto diventano il pasto preferito dal siluro: presente in maniera massiccia e facile da predare. I siluri si appostano sotto attorno ai folti branchi di cefali e gli basta veramente poco per cibarsene facilmente, ignorando di conseguenza qualsiasi altra esca proposta. Basterebbe usare i cefali come esca.. se non fosse che pescarli non è semplicissimo e che, se non innescati subito, non resistono in nasse o bidoni.

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Branco di cefali

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Branco di cefali

Quando si incontrano questi branchi diventa quasi difficile fargli passare la nostra lenza attraverso talmente sono fitti e numerosi! Altra nota dolente? E’ il week end di Pasqua ed il Po è letteralmente invaso da orde di pescatori teutonici appostati in ogni angolo. Gli spot comodi da riva sono tutti occupati, così come barche adibite a campo base dotate di tender d’appoggio per portare fori le esche sono già parcheggiate nei posti tattici. Scelgo una spiaggia in cui noto i segni del passaggio di altri pescatori nei giorni precedenti, ma è l’unica che mi permette di brekkare una canna lungo la stessa sponda e di metterne una seconda a pietra. Inoltre l’attracco è comodo, cosa da non sottovalutare visto che sarò solo.

Fondamentale ora cercare di fare il vivo, altrimenti con le uniche due esche in mio possesso faccio ben poco, considerando che mi servono anche per pescare in deriva l’indomani.

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Fortunatamente i pesci collaborano, e nel giro di poco un barbo e un’infinita quantità di breme di qualsiasi dimensione rimpinguano la nassa.

Mi dimentico di essa e proseguo con l’allestimento del campo e la preparazione delle canne da pesca, una a break line ed una a pietra.

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Ora veniva la parte più complicata: piazzare da solo le esche, cosa che con una barca da 4,20m, in corrente e senza una seconda persona, è tutt’altro che facile. Arrivo sull’unico appiglio che mi sembrava potesse fare al caso, ma una volta sul posto vedo che non si crea un rigiro adatto, e l’esca finirebbe per restare in corrente spanciando verso la superficie, oppure sotto i rami seguenti. Provo anche a creare angolazioni diverse con l’aiuto di un cordino, ma la posizione longilinea dello spot non aiuta, così come avere una barca grande ed essere solo a governarla in corrente. Mi tocca rinunciare all’unica canna in cui riponevo fiducia a causa di una errata valutazione. Ormai era l’imbrunire e posizionare due canne a pietra non mi soddisfaceva. Sarà che è una tecnica che non mi aggrada, sarà che già in passato avevo tentato in questo spot senza alcun risultato.  Decido a malincuore per un cambio spot frettoloso. Carico il lettino compreso di tenda, canne, picchetti, esche e torno verso il pontile, dove una spiaggia vicina potrebbe darmi il giusto appoggio per la pescata. Quando sbarco affondo nel fango.. impraticabile. Cado nello sconforto più totale, torno al pontile e scarico tutto, decidendo tristemente di passare la notte non in pesca. Come se non bastasse la chiusura di tenda, lettino, canne e di riordino della barca sono accompagnate da una leggera pioggerella, che termina giusto alla fine di tutte le operazioni. Consumare la cena al caldo nell’area ristoro del pontile rende meno amara la serata. Una scomoda dormita in auto in attesa dell’alba è la conclusione di questa prima giornata di pesca.

Alle prime luci di sabato sono sveglio. Voglio sfruttare la mattina, l’assenza di pescatori. Non ho fatto i conti tuttavia con la batteria di avviamento del motore: scarica. Evidentemente il “buona pesca” del gommista sta continuando a tormentarmi. Inganno l’attesa di Antonio, il gestore della nautica, pescando nella lanca, spostandomi con il motore elettrico. Al suo arrivo mi faccio prestare una batteria nuova e posso partire con 2,5 ore di ritardo verso il fiume. Derivo come posso, facendo lo slalom tra le canne in pesca dei pescatori teutonici, facendomi largo tra i cefali, ignorando il vento e le altre barche che passano sulle derive  che ti appresti a fare. Riesco a trovare anche i siluri, ma non collaborano. Yuri me lo aveva detto la mattina precedente: mangiano solo di notte ora, di giorno non c’è verso. Non mi perdo d’animo e mi sposto su spiagge battute dal sole, che scaldano prima l’acqua e risultando così gradite maggiormente dai pesci. Ripongo fiducia specialmente in una  poco frequentata e che mi ha sempre regalato qualcosa. Al primo passaggio sento la mangiata: nitida, cattiva.. ma tremendamente rapida.. al punto di non fare in tempo a ferrare.

E’ stata l’unica mangiata in due giorni di pesca travagliati. E l’ho sbagliata. Come se non bastasse, al rientro al pontile mi aspettava il trasbordo di tutta l’attrezzatura (batteria, serbatoio, ecc) dalla barca all’auto salendo la ripida e lunga scalinata in quanto chi utilizza la gru di alaggio era assente. Ovviamente questo è arrivato ad auto caricata. Finita qui? Non proprio. All’arrivo a casa scopro che dal contenitore del vivo nel baule è uscita parecchia acqua.. per fortuna ho un telo impermeabile e una vasca di protezione come base, che hanno trattenuto tutta l’acqua, riuscendola così a togliere rapidamente senza conseguenze per il baule.

In genere la pesca mi rilassa.. questa volta il mio stato d’animo è un misto tra incazzo, delusione, amarezza e voglia di rivincita. Avevo pianificato tutto, pregustavo un’avventura “epica” da solo sul Grande Fiume.. ed invece dopo un avvio positivo, il tracollo su tutti i fronti, con tanto di mangiata sbagliata sul finale che poteva rendere meno amara la sessione. La rivincita dovrò prendermela presto però, perché nella pesca al siluro è fondamentale non abbattersi e non mollare mai!

La prossima volta però avverto il gommista di stare attento a quello che dice!

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