Chi dorme…

Le battute di pesca dell’ ultimo periodo mi hanno lasciato l’ amaro in bocca:

svariate ore dedicate a cercare di espugnare il Grande Fiume, tentando  di interpretare umori e comportamento dei pesci per riuscire ad immortalare uno dei pur numerosi esemplari degni di nota che, nonostante bracconaggio, inquinamento e mala gestione delle acque, ancora popolano le nostre acque.

Svariate ore passate a pescare da terra e dalla barca, senza pungere nulla di interessante e, più volte, senza pungere nulla in assoluto, in giornate in cui altri pescatori sono riusciti a portare a termine catture di tutto rispetto.

Devo ammettere che l’insuccesso, divenuto una costante, non mi fa più troppo effetto.

Attraverso certamente dei momenti di scoramento e lunga riflessione, ma sono molto ben allenato a non farmi abbattere e ritorno a pescare più determinato,  grazie anche al sostegno morale di chi pesca spesso con me.

Perciò, quando ho saputo che sarei stato a casa dal lavoro per 4 lunghi giorni,  mi è stato subito chiaro che avrei avuto qualche possibilità di portare a casa un risultato.

La pioggia degli ultimi giorni ha ingrossato il fiume fino a portare una rapida, ma cospicua piena.

Passerò una delle notti a disposizione pescando a break con Mirko Piccioli, amico con cui da tempo non condivido una sessione.

Il giorno precedente decido dunque di fare un salto sul fiume per rifornirmi di esche e passare qualche ora e lo trovo all’ apice della piena: acqua alta, velocissima, color caffelatte  e  materassi di schiuma ovunque a contendersi la superficie insieme alla legna trasportata dalla corrente.

E tutto sferzato da un vento a tratti forte.

Uscirò senz’ altro, ma devo decidere come pescherò.

Potrei spinnare un po’, ma  il vento mi darebbe molto fastidio, costringendomi a frequenti correzioni, oppure potrei passare qualche ora a breakline pescando comunque con la treccia che fischia: bel dilemma.

Opto per la break e mi dirigo verso uno spot non certo vergine, ma che immagino adatto allo scopo e che in effetti si conferma tale.

Lo spot è un canale all’ imbocco di una lanca che offre la possibilità di brekkare, con questi livelli, fissando le esche alla vegetazione che si affaccia su ben 6 metri di acqua.

La sponda offre una posta ripida e fangosa, ma non ha importanza, dato che a riva piazzerò le 2 canne, attendendo in barca quello che immagino seriamente non accadrà.

Il sole splende, ma il vento non da tregua e dopo aver messo in tensione le lenze il concerto ha inizio e le trecce diventano corde di violino suonate dal vento…

Non posso fare altro che allentare la trazione, ma funziona solo in parte perché il risultato è solo quello di cambiare nota…

Ammazzo un po’ il tempo scattando qualche foto ai primi insetti che popolano la sponda, una mia passione un po’ strampalata a cui posso dedicarmi perché in extremis ho scelto di portare con me l’ attrezzatura fotografica.

Intanto nulla accade sulle canne che peraltro sono sguarnite di ogni forma di avvisatore, lasciato in macchina.

Mi metto dunque in barca che è appoggiata alla riva e approfitto della seduta comoda, del sole e della posizione favorevole al  monitoraggio delle canne per fare quello che un pescatore serio e determinato non dovrebbe fare, ovvero…sonnecchiare!

Così, ad intervalli più o meno regolari, mi ritrovo ad aprire un occhio per controllare di sottecchi se qualcosa succede e passo un paio d’ore di sonno vigile , assolutamente convinto che potrei addormentarmi come si conviene senza perdermi nulla…

Aprendo gli occhi per l’ ennesima sbirciatina, vedo le canne nella solita posizione, ma proprio in quel momento la canna più lunga e parabolica si flette violentemente in avanti, piegandosi fino a metà fusto.

Scatto incredulo e arrivato al cospetto del picchetto, la canna torna alla sua posizione originale: ne fisso ansioso la punta sperando di scorgere un movimento che mi riveli che il pesce è ancora li e dopo pochissimi, ma interminabili secondi la canna ha un leggero fremito!

La prendo in mano delicatamente e appena avverto una trazione delicata, ferro senza esitazione ed il pesce c’è!

Come spesso accade pescando a distanza, la prima reazione non è violenta sebbene avverto chiaramente che il peso del mio avversario non è poca cosa.

Si lascia tirare più o meno docilmente fino a metà della distanza che ci separa, poi cambia idea sul contegno da adottare e decide di puntare verso la corrente forte e relativamente vicina e qui faccio conoscenza con la sua capacità di partire producendosi in violente testate…

Il mio avversario si gioca poi la carta del sottoriva, approfittando dell’ angolo di trazione a lui favorevole e di alcuni rami in acqua, molto vicini alla mia posizione.

Intuite le sue intenzioni, slego la barca, salto a bordo e cerco di guadagnare una posizione migliore da cui forzarlo prima che si infratti irreparabilmente.

Le vibrazioni mi parlano di rami che sfregano sulla treccia tesa e questo non è bello, tuttavia la trazione non si interrompe, segno che il pesce combatte e non si è ancora piantato.

Decido di forzarlo parecchio per impedire l’ arrocco definitivo e, dopo uno strattone che mi fa urlare per il timore di averlo perso, il pesce fugge decisamente controcorrente e rientra di gran carriera nella lanca dove dopo un paio di ampi giri interlocutori attorno alla barca, decide di puntare verso l’ interno della profonda insenatura, trascinandosi dietro barca e pescatore sonnecchiante, ormai sveglissimo ed in preda alle sensazioni più contrastanti.

L’ acqua, dapprima profonda 4/5 metri va via via aumentando ed il pesce mi dimostra meglio di prima tutto il suo peso e la capacità impressionante di tenere il fondo, rubandomi regolarmente preziosi centimetri dalla bobina.

La canna, lunga e parabolica, non si presta particolarmente al combattimento dalla barca, producendosi in un enorme arco, punta in acqua.

Il pesce non ne vuole proprio sapere di mollare e prosegue nella sua resistenza strenua, tirandosi dietro tutto, come se nulla fosse, per almeno 300 metri…

La situazione si fa spinosa: non voglio perderlo per nulla al mondo, ma al contempo temo fortemente che succederà e inizio a chiedermi quanto possa misurare quell’ essere che in fondo alla lenza pare non accusare affatto la fatica.

Sicuramente è il pesce più combattivo e pesante con cui ho avuto la fortuna di confrontarmi e almeno vederlo, prima che si slami, mi sarebbe di grande conforto…

Intanto, a volte, il ragazzone si lascia sollevare dal fondo di qualche decina di centimetri, senza tuttavia evitare di ritornarci di prepotenza appena decide di farlo: d’ altronde il fatto che ci siano 10 metri buoni di acqua non gioca a mio favore…

Ma pian piano i sollevamenti diventano più frequenti, fino a che, in capo a qualche minuto, il pesce non aggalla a distanza per la prima volta, in tutto il suo maestoso splendore: è il grosso siluro che attendevo da anni, e che, se dovessi riuscire a catturare definitivamente, sposterebbe la misura del mio record personale di diversi centimetri!

Ora le fughe si fermano a mezz’ acqua e il comportamento del pesce tradisce inequivocabilmente che la resistenza sta volgendo al termine, nonostante riesca a vincere regolarmente la frizione serrata del mulinello.

Aggalla a lato barca e resta fermo con la bocca ben chiusa:  vedo bene che si è allamato esternamente alla bocca, proprio in centro al muso, avendo l’ amo pizzicato una buona parte di cute, mentre l’ ancorina penzola lateralmente, priva di appiglio.

Ne approfitto per il classico colpetto sulla testa, per sincerarmi delle energie residue che però si esauriscono in fretta, con un paio di deboli ripartenze.

Siamo al momento della verità, quello che ho tanto desiderato, ma anche temuto dall’ inizio del combattimento: come procedere?

Se si trattasse di un pesce più leggero, lo isserei senza esitazione in barca, afferrandolo a due mani per la mascella, ma ho il timore, non tanto di non farcela (nonostante la murata alta della mia imbarcazione), ma di non riuscire poi a buttarlo fuori dal pozzetto.

L’ alternativa è provare ad assicurarlo con un cordino passato delicatamente tra l’ ultimo arco branchiale e l’ opercolo, per poi trainarlo lentamente a riva.

Il cordino dotato di guaina e moschettone è a portata di mano e, afferrato il pesce per la mascella lo soppeso per cercare di intuirne la stazza che si rivela notevole.

Per far passare il cordino mi servono però due mani e maledico il fatto di essere solo e fiero di esserlo.

Il tentativo fallisce e non potendo fare diversamente mi vedo costretto ad issarlo in barca: lo sforzo necessario è parecchio ed il pesce si oppone irrigidendosi con la coda piegata a fare leva sull’ esterno della murata, ma ho la meglio e mi ritrovo in barca il pesce della vita.

La corporatura possente è contratta, mettendo in risalto una gobba di grosse proporzioni, mentre la coda penzola ancora fuori dalla barca.

Accendo il motore e corro alla postazione di partenza dove l’ altra canna permane nel suo stato di quiete.

Faccio passare rapidamente il cordino per poter poi assicurare in acqua il pesce ed inizio a chiedermi come fare a estrarlo dal fondo della barca.

I tentativi di sollevarlo dalla testa falliscono rapidamente sia dall’ interno che dall’ esterno della barca: la sponda alta non aiuta affatto. Indosso al volo i waders e provo ad afferrarlo per la coda, ma non riesco a guadagnare nulla.

Nel frattempo getto sul pesce molta acqua per alleviarne lo stato di stress.

Mi fermo qualche istante a riflettere, non volendo ammettere a me stesso che sto mettendo in pericolo la vita del pesce e poi ho l’ illuminazione: lo stenderò sul piano rialzato della barca per poi più facilmente farne uscire la coda e completare l’ estrazione sollevandolo dalla testa.

Il piano ha rapidamente successo ed il pesce può riossigenarsi in acqua!

Finalmente ho ai miei piedi il pesce più grande che sia stato in grado di catturare.

Non è stato semplice, ma ce l’ ho fatta anche essendo da solo.

Ora un’ ultima incombenza: immortalarlo.

La sponda ripida e sporca non offre troppe possibilità, ma grazie al telo zuppo d’ acqua che fisso a terra con dei legnetti negli occhielli, posso comunque adagiare il siluro in sicurezza.

Preparo il telo ed allestisco il set: ho con me la fida Pentax ,il cavalletto ed  il telecomando, acquistati mesi fa proprio in previsione di un’ occasione del genere e mai sfruttati a dovere.

Dopo qualche scatto di prova, tiro fuori il pesce dall’ acqua che nel frattempo da segni di ripresa e lo stendo sul telo riuscendo a stento ad impedire che scivoli regolarmente verso l’ acqua.

Quello che vedete è il migliore dei pochi scatti effettuati, prima di restituire il siluro al suo ambiente, liberarlo dal cordino e riossigenarlo per qualche minuto, permettendo al pesce di maledirmi con una codata prima di scivolarmi tra le braccia guadagnando l’ acqua più profonda.

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Personal best

Un caro amico, veterano del luogo, mi dice che in quel tratto il numero dei pesci di ogni dimensione è drasticamente diminuito in seguito ai raid durati mesi delle bande di ungheresi che hanno fatto razzia, mentre le forze dell’ ordine erano sorde ad ogni richiamo.

Il pensiero delle centinaia di pesci sottratti illecitamente al loro ambiente, mi rattrista  fortemente e mi fa capire ancora una volta come il nostro paese non sia in grado di tutelare le proprie ricchezze, ne sia intenzionato a farlo.

A te, avversario del giorno, in fondo, è andata bene.

Per completare questa lunga narrazione concludo dicendovi che la notte seguente ha avuto luogo la battuta programmata con Mirko e che non abbiamo resistito alla tentazione di provare a pescare nello stesso spot.

L’ acqua era però decisamente in calo e le tre break a la pietra posizionata sul taglio di corrente non hanno avuto la stessa fortuna della break piazzata il giorno prima.

Abbiamo registrato una sbrekkata andata liscia sulla canna posta nella medesima posizione del giorno precedente, guarda caso circa alla stessa ora e un buon attacco sulla pietra in serata, quando dopo una ferrata apparentemente messa a segno, il pesce si è slamato dopo pochi secondi, lasciando comunque intuire una certa stazza.

Ma questi sono dettagli e la vera conclusione è che il proverbio è stato smentito e per una volta non è stato vero che “chi dorme non piglia pesci”!!!

 

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L’attesa

 

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Tramonto

 

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